Secondo i dati dell’Anagrafe unica regionale sono 146 le aziende piemontesi che nel corso dell’anno 2021 hanno coltivato la canapa con una superficie coltivata sul territorio pari a 198,33 ettari.
Il commercio di cannabis light è più che fiorente in Piemonte ma purtroppo le attività commerciali e gli agricoltori italiani che hanno deciso di puntare su questa “novità” ora devono fare i conti con la severa legge interministeriale emanata lo scorso 12 gennaio.
Il decreto, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, mira infatti a ridefinire “l’elenco delle specie di piante officinali coltivate nonché i criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee”. Una nuova normativa che limita la produzione di foglie e infiorescenze a contenuto legale di THC nelle piante di canapa e che nel dettaglio obbliga i coltivatori a rinunciare alla parte delle piante in cui risiederebbero le principali proprietà officinali.
Il decreto inoltre, dietro ad un’errata interpretazione, etichetta anche i fiori della canapa nel testo unico sugli stupefacenti. E questo aspetto, seppur normativamente sbagliato, non può che colpire negativamente l’intero settore della cannabis light e chi ha deciso di “viverci legalmente”.
A dimostrazione di ciò vi è il fatto che a Novara, dopo l’introduzione di questo decreto, nella scorsa settimana sono già scattate le prime sanzioni ad alcuni produttori.
Grimaldi: “La Regione capisca che è ora di “piantarla” e aiutare le esperienze che vogliono lavorare nella legalità”
Il decreto interministeriale recante l’“elenco delle specie di piante officinali coltivate nonché criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee” è diventato anche l’oggetto di una discussione in Consiglio regionale. Marco Grimaldi di Luv ha presentato una precisa interrogazione in Aula esponendo le gravi conseguenze economiche che sta generando la normativa.
“É vero, come ha ricordato l’Assessora Caucino, che un decreto interministeriale non può cambiare una legge nazionale, ma la realtà è che già prima diverse Procure, nell’incertezza normativa, sequestravano il prodotto considerandolo sostanza stupefacente. Oggi i Procuratori potrebbero sentirsi ancora più legittimati a sequestrare nei negozi, mentre vincere i ricorsi potrebbe diventare più difficile” ha specificato il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi.
Grimaldi ha evidenziato come proprio questa normativa un po’ faziosa rischia di colpire seriamente il settore e quei “soggetti che invece operano alla luce del sole, emettendo regolari fatture e pagando le tasse”.
“Davvero intendiamo criminalizzare un settore che non c’entra niente con la criminalità e più volte ha chiesto norme più chiare? Vorrei che la Giunta capisse che è ora di piantarla e aiutare le tante esperienze che vogliono continuare a lavorare nella legalità” ha concluso Grimaldi.