È stato ritrovato morto in un auto a Palermo nel quartiere Ballarò l’ex attaccante del Torino, Akeem Omolade. Nigeriano, classe 1983, da anni ormai viveva in Sicilia, da quando dalla Reggiana era arrivato in prestito a Gela. Le cause del decesso devono ancora essere accertate, ma il calciatore da giorni si lamentava di un forte dolore alla gamba tanto da non riuscire più a camminare. Era suo malgrado salito agli onori della cronaca per un episodio di razzismo capitato a Treviso.
L’esordio nella Treviso dello sceriffo Gentilini
Era il 2000/2001 e il Treviso stava disputando il campionato di Serie B in cerca della salvezza, poi non ottenuta. L’allenatore Mauro Sandreani a Terni decide di lanciare nella mischia un giovane nigeriano cresciuto calcisticamente nella sua Lagos. Era l’attaccante Akeem Omolade. Ma alcuni ultras del Treviso non erano d’accordo. Per loro Omolade non era un calciatore della loro squadra, era solo un nero da disprezzare. I suoi stessi tifosi per protesta decisero di togliere gli striscioni allo stadio Liberati e di andarsene per protesta. Di tutt’altra idea erano però i tifosi della Ternana che fischiarono copiosamente gli ultras veneti per il loro razzismo.
Era la Treviso del sindaco Giancarlo Gentilini, uno che metteva e che mette sullo stesso piano la mafia e gli omosessuali tanto per intenderci. L’abitudine di dipingersi il volto di nero in segno di lotta al razzismo, abitudine un po’ italiana e ora anche un po’ anacronistica, nacque proprio lì. Nella partita successiva, Treviso-Genoa, i veneti scesero in campo con la faccia nera in solidarietà ad Omolade. L’attaccante proprio in quella partita segnò il suo primo e unico gol con la maglia del Treviso.

La testimonianza di Sara Salin, presente allo stadio Tenni quel fatidico 3 giugno 2001
Tra le testimonianze più rilevanti presenti sui social spicca quella della giornalista Sara Salin, che in un toccante post su Facebook ha ricordato il giorno in cui i giocatori del Treviso decisero di scendere in campo con il campo con il viso dipinto di nero per manifestare la propria solidarietà nei confronti compagno di squadra Omolade: “Era il 3 giugno 2001. Era l’ultima partita di campionato, quella della retrocessione in C, al Tenni contro il Genoa. Sento ancora la pelle d’oca, la commozione che ho provato, in piedi in tribuna stampa, quando li ho visti entrare in campo così. Con la faccia dipinta di nero. Per lui. Per il calcio. Per quella battaglia contro il razzismo. Oggi Akeem Omolade è morto. Aveva 39 anni. Resterà dentro di me e in questa foto che ha fatto il giro del mondo e che da ventun anni mi accompagna di casa in casa incorniciata in un grande quadro per ricordarmi quanto nel nostro mestiere sia importante avere cura del vero. Riposa in pace, ragazzo.“
Omolade da 11 anni viveva e giocava in Sicilia
L’anno dopo Omolade passò al Torino in Serie A dove rimase fino al 2004, in mezzo il prestito al Novara. Dopo un brutto infortunio i granata lo scaricarono alla Biellese. Poi un anno alla Reggiana e da lì nel sud Italia per una carriera che non è mai decollata. La prima tappa fu a Gela. Proprio in Sicilia Omolade continuò a denunciare episodi di razzismo nelle categorie minori. Passò al Barletta e poi alla Vibonese. Da lì si stabilì fisso in Sicilia giocando tra i dilettanti. Dal 2011 a oggi Omolade ha giocato nel Mazara, nel Ribera, nel Borgata Terrenove e nell’Altofonte.
A 39 anni ancora stava giocando, ma a quei livelli il calcio non paga più e Omolade si era trovato lavoro come interprete al tribunale di Palermo. Da un po’ di giorni accusava un forte dolore alla gamba. Proprio nella mattinata di lunedì 13 giugno Omolade avrebbe dovuto fare una visita al Policlinico. Ma il nigeriano non riusciva a camminare e così si ha chiesto aiuto ad un amico che lo è andato a prendere con la sua Peugeot. Una Peugeot che però Omolade non ha mai lasciato.
I soccorsi sono arrivati quando ormai non c’era più niente da fare e le cause del decesso sono ancora da verificare. Nel quartiere di Ballarò, a bordo di una Peugeot è terminata la corsa di Omolade, una corsa fatta di pallone e di lotta contro le discriminazioni ancora troppo forti nel paese che lo aveva adottato. Lascia una bambina piccola e un ricordo affettuoso nel cuore dei tifosi granata e non solo.
Jacopo Bergeretti