Dopo Lione e Porto, è il Villarreal la squadra che ha eliminato per la terza volta consecutiva la Juventus dalla Champions League. Una sconfitta rovinosa e inaspettata visti i passi in avanti dei bianconeri in campionato, che avevano fatto pensare a una serata dall’esito diametralmente opposto.
Dopo un buon primo tempo, la formazione di casa cala alla distanza, facendo riemergere tutti quei limiti che i risultati degli ultimi mesi avevano mascherato: una squadra fragile a livello mentale e incapace di reagire agli imprevisti caduta sotto i colpi di un avversario non irresistibile ma che ha saputo aspettare il momento giusto per colpire.
Nel post partita Massimiliano Allegri ha cercato di giustificare la sconfitta dei suoi chiamando in causa la sfortuna in determinati episodi. Tuttavia, l’intervento maldestro di Rugani che ha causato il rigore del vantaggio della formazione ospite non può essere usato come parafulmine per giustificare quanto visto mercoledì sera.
La fragorosa caduta della Vecchia Signora fa balzare agli occhi un dato di fatto, ovvero quello che tutti meritano di essere messi sul banco degli imputati: dai giocatori all’allenatore e il suo staff, senza dimenticare la dirigenza.
Fragilità mentale e poche idee: il “corto muso” non sempre paga
Tornato alla Juventus dopo due anni sabbatici, c’era molta curiosità nello scoprire se Allegri avesse evoluto il suo modo di vedere il calcio. Riconosciuto da tutti come grandissimo gestore e allenatore pragmatico, il tecnico livornese è “tornato a casa” con l’obiettivo di creare valore e di riportare la squadra ad essere competitiva su tutti i fronti, anche in campo europeo.
Già, quel territorio tanto caro quanto nefasto per Max. Nel suo primo quinquennio, il tecnico ha raggiunto due finali ridando alla Juve quella consapevolezza in campo internazionale che mancava ormai da anni. Nonostante ciò, è proprio un’eliminazione dalla Champions a incrinare i rapporti tra il tecnico e una gran fetta di tifoseria. Il suo pragmatismo viene spazzato via da un’Ajax che, guidato da de Ligt, annichilisce allo Stadium i bianconeri, dominando in lungo e in largo la sfida.
Quell’atteggiamento visto da molti troppo rinunciatario porta ad una rottura con parte dei tifosi e, forse, anche con alcuni esponenti della società che dopo anni di trionfi sostengono che un cambio alla guida tecnica sia il modo giusto per fare un ulteriore passo in avanti nella crescita europea della squadra.

Cambiano gli allenatori ma non il risultato
Dopo i fallimenti europei di Sarri e Pirlo, la società nella persona del presidente Agnelli fa un passo indietro, ridando ad Allegri le chiavi della Juventus, quasi come a far credere che due anni prima era stato fatto un errore di valutazione.
Nonostante una rosa con caratteristiche mentali e tecniche completamente diverse da quella della sua prima esperienza sotto la Mole, il mister la plasma a sua immagine e somiglianza: squadra accorta, compatta e pronta a sfruttare le ripartenze, la Juventus che inanella sedici risultati utili consecutivi non dà mai però la sensazione di essere padrona del campo, ma attraverso giocate individuali e una difesa attenta porta a casa il massimo risultato.
Ed è proprio sul dominio del gioco che i bianconeri nella gara di ieri hanno dimostrato tutti i loro limiti. Soprattutto nella ripresa, non sono riusciti mai a rendersi pericolosi, a causa sia di un giro palla orizzontale lento e quindi facilmente leggibile, sia per l’assenza di movimenti senza palla dei giocatori, che non permettevano mai l’attacco della profondità. Questo atteggiamento inconcludente non ha fatto altro che dare fiducia al Villarreal, che ha punito i padroni di casa alla prima occasione utile.
Dopo l’eliminazione del 2019 con l’Ajax, il mancato coraggio è stato il fattore che nuovamente ha presentato il conto ad Allegri e ai suoi. Anche ieri, come due anni fa, i bianconeri sono fuori anticipatamente, e con merito, dall’Europa che conta.

Chiellini e Dybala, quando gli imprevisti diventano costanti
Nonostante le critiche legittime da fare al tecnico livornese, sarebbe un errore clamoroso attribuire solo a lui le colpe di un percorso europeo fallimentare da tre anni. Un altro elemento da non trascurare sono i numerosi infortuni che da anni falcidiano la Vecchia Signora. Esclusi quelli di natura ossea, come quelli di Chiesa, Kajo Jorge e McKennie, i problemi muscolari di giocatori come Dybala e Chiellini sono diventati una malsana abitudine.
I dati che accompagnano tale ragionamento sono impietosi: per il terzo anno di fila entrambi i giocatori hanno saltato l’ottavo di ritorno, o perché indisponibili oppure perché appena rientrati da un infortunio e quindi non al top della condizione.
Un’abitudine pericolosa che sta costringendo la squadra a rinunciare a due pilastri nei momenti più delicati della stagione. Questo è un tema su cui la società dovrà fare delle profonde riflessioni. Il centrale azzurro convive ormai da anni con un problema al soleo del polpaccio che lo costringe spesso ai box. Data l’ormai poca affidabilità, la proprietà dovrebbe intervenire per aggiungere un giocatore in più al reparto arretrato.
Capitolo a parte quello relativo a Dybala. Dopo un inizio di stagione più che convincente, il 10 argentino si è più volte fermato, certificando una condizione fisica precaria da ormai tanto, troppo tempo. Al centro di una lunga ed estenuante trattativa per il rinnovo del contratto, c’è la sensazione che il tergiversare della società possa essere dovuto a delle valutazioni riguardanti proprio la tenuta fisica del giocatore.
Dall’all-in Cristiano Ronaldo solo delusioni in Europa: un rischio non troppo calcolato
La volontà dalle parti della Continassa di alzare la voce anche in Europa si è palesata nell’estate del 2018. L’arrivo in pompa magna di Cristiano Ronaldo aveva dato un chiaro segnale al calcio mondiale circa le ambizioni della Juventus. Il discorso del presidente Agnelli a Villar Perosa nell’estate del 2018 era la prova: la Champions da sogno era diventato un obiettivo. Un traguardo ambizioso, ma che dall’arrivo del crack di Madeira poteva davvero diventare un sogno ad occhi aperti, anzi spalancati.
Come è noto a tutti però, quell’enorme esborso economico non ha portato i risultati sperati, anzi. Dall’arrivo dell’asso portoghese, le prestazioni europee in campo europeo della squadra sono peggiorate drasticamente, e quel percorso di crescita che aveva portato gli ex campioni d’Italia a competere con le big d’Europa si è lentamente interrotto fino al naufragio di mercoledì.
Qui probabilmente, la società si è scontrata in quello che potremmo definire un peccato di gola: colta l’opportunità di acquisire il giocatore più forte della storia, si è messo inconsciamente in secondo piano l’equilibrio di un gruppo che, senza CR7, era stato protagonista di imprese straordinarie. Per ammortizzare quella spesa, ogni anno i bianconeri hanno dovuto realizzare plusvalenze perdendo giocatori funzionali, come Emre Can, di prospettiva, come Demiral, e potenziali fuoriclasse, come Cancelo. Un errore che nel lungo periodo è costato caro alla Juventus, che ha abbandonato la programmazione per rincorrere l’immediato: una scelta condivisibile all’epoca, ma che nel tempo si è rivelata sbagliata.
Ora sta a tutto il mondo Juve rimettere insieme i pezzi. La delusione è grande, ma c’è una finale di Coppa Italia da raggiungere (e possibilmente da vincere) e un quarto posto da ottenere, perché a prescindere da colpe e colpevoli, la Juventus non può non giocare la Champions.