Finisce con una sonora sconfitta l’avventura in Champions League della Juventus. La formazione di Massimiliano Allegri per tre quarti di partita è in costante balia dell’avversario, che grazie a un atteggiamento propositivo e una proprietà di palleggio di assoluto livello spegne qualunque speranza alla squadra ospite. La reazione d’orgoglio nel finale, che porta ad accorciare le distanze fino al 4-3 finale, non basta a giustificare l’ennesima prova di una squadra che, al netto delle ormai notissime assenze, sembra essere sempre più prigioniera di sé stessa, dei suoi limiti e del suo credo calcistico.
Il primo tempo è un monologo lusitano: difesa dei bianconeri in perenne difficoltà
Ci si aspettava veramente molto dalla partita del da Luz, e anche dalla conferenza stampa della vigilia le parole di Allegri e Alex Sandro facevano pensare a un ambiente rinfrancato dalle ultime due vittorie in campionato. Certo, Torino e Empoli non possono essere minimamente paragonabili con qualsiasi avversario europeo (tantomeno il Benfica), ma fino a questo momento, vedere i bianconeri vincere due partite consecutive fa già notizia.
Il tecnico livornese si era detto fiducioso di poter tenere accesa quella luce di speranza per centrare una difficile quanto quasi impossibile qualificazione, ma appariva chiarissimo a tutto l’ambiente juventino che per tenere viva questa possibilità tutto sarebbe passato da una vittoria nella gara di ieri.
L’avversario della Juventus aveva già dato saggio delle sue qualità nella sfida di andata, nel quale la Vecchia Signora dopo un avvio promettente era stata surclassata in lungo e in largo dalla formazione lusitana, guidata da un Joao Mario lontanissimo parente dalla meteora atterrata a Milano, sponda nerazzurra.
Tanto premesso, la partita andata in scena qualche ora fa, sembra a posteriori essere stata la coerente e perfetta continuazione di quanto visto a Torino. L’unica differenza è che questa volta l’approccio alla gara da parte della compagine sabauda è stato di livello nettamente inferiore. I bianconeri, schierati in campo con l’unico dettame tattico di portare il pallone sulla catena di sinistra per sperare in qualche cross interessante di Kostic (uno dei pochi a salvarsi dei suoi), presta il fianco ad un avversario che ci mette davvero poco ad imprimere il suo marchio nel match. Il gol del momentaneo pareggio di Vlahovic è una macchia bianconera che viene facilmente sgrassata da una lavatrice rossa nella quale la Juventus si perde, senza avere nessun modo di apportare le giuste contromisure.
A suggellare il primo tempo roboante dei padroni di casa ci pensa Antonio Silva, che con un colpo di testa sblocca la gara; a completare il primo tempo ci pensa poi un super gol di Rafa Silva, che con colpo di tacco da un contributo decisivo sul parziale 3-1 con cui finisce il primo tempo. Nel mezzo l’ennesimo rigore trasformato in modo impeccabile da Joao Mario, vera e propria bestia nera dei bianconeri. In questi 45 minuti di tante, troppe ombre, spiccano le prestazioni sottotono dell’intero pacchetto arretrato, capitanato da un Bonucci davvero irriconoscibile. Inizio di stagione terribile per il difensore viterbese, sul quale dovranno essere fatte valutazioni approfondite in ottica futura.
Ripresa a due facce. Impatto molto positivo dei giovani
Un duro colpo per la Juventus, che forse non si aspettava di essere rimasta così in ritardo rispetto al livello delle suqadre europee. Un gap che probabilmente la squadra di Allegri credeva di aver quantomeno accorciato con l’orgoglio e con la voglia di rimanere agganciati al treno europeo. Purtroppo però quando l’asticella si alza, la Juventus risulta essere incapace di opporsi con un’idea di gioco e un atteggiamento degni di essere ricordati. Questi limiti rappresentano una costante che si ripropone anche nella ripresa, nella quale l’idea di una reazione che poteva essere prevedibile, lascia spazio a una rassegnazione quasi inevitabile. Il Benfica dal canto suo non ha nessun interesse nel voler abbassare i giri del motore e prova in tutti i modi ad aumentare il distacco in termini di gol dagli avversari: una volontà che si concretizza in poco tempo, e anche meritatamente.
Il gol del 4-1 mette maggiormente in luce tutti i limiti tecnici e tattici della Vecchia Signora. In una costruzione dal basso, Bonucci sbaglia l’ennesimo appoggio, i lusitani vanno subito in verticale e trovano una retroguardia avversaria posizionata male e statica, spalancando le porte della doppietta personale a Rafa Silva, che con un tocco morbido supera Szczesny e manda in visibilio il suo popolo.
A questo punto il tecnico bianconero, forse anche con un retropensiero legato ai prossimi impegni in campionato, sostituisce Bonucci, Cuadrado e Kostic, e getta nella mischia Miretti, Soule e Iiling Junior. Ed è proprio in questo momento, quando apparentemente i bianconeri sembrino, per le scelte del suo tecnico, di limitare i danni, rientrano inspiegabilmente in partita. L’ingresso dei giovani da linfa vitale agli ospiti, che guidati da un Iiling a tratti straripante, attaccano a testa bassa l’area di rigore avversaria, e prima Milik e poi McKennie tornano a dare un senso agli ultimi 10 minuti di questa partita. In zona recupero prima Soule e poi Gatti sciupano l’occasione di agguantare un pareggio che avrebbe avuto del clamoroso.
Tuttavia, non può bastare un motto di orgoglio di 20 minuti (complice il probabile calo fisico dell’avversario) a giustificare un andamento europeo senza precedenti. I tre punti in cinque giornate di Champions sono la perfetta fotografia di un percorso nella massima competizione europea che si chiude meritatamente per la Juventus, che ora deve nuovamente leccarsi le ferite, continuare a rincorrere in campionato, e provare a rimanere in Europa attraverso un risultato positivo nell’ultima gara del girone con il Psg.

Una reazione “preoccupante”
Preso atto della cocente delusione del mancato superamento del giorni di Champions League dopo nove anni, l’interrogativo che si pongono in molti è perchè la Juventus abbia iniziato a giocare solamente quando si è trovata alle corde. La risposta non può essere sicuramente una sola, ma una di queste potrebbe essere molto preoccupante.
Il motto di orgoglio finale, fa capire quanto la squadra sia in difficoltà a livello mentale, e quanto faccia fatica a trovare gli stimoli giusti per condurre in un certo modo la gara per lunghi tratti della stessa. Le reazioni rabbiose alle quali ci hanno abituati i bianconeri nell’ultimo periodo, sono riconducibili più alla rabbia che ha un’idea ben definita o dal senso di appartenenza dei singoli.
Se questi problemi non verranno risolti, la stagione della Vecchia Signora rischia di continuare ad essere una continua ed inesorabile montagna russa, dalla quale però si vuole scendere: i bianconeri sono alle prese con un fallimento inatteso, ora va trovata una soluzione affinchè la parola fallimento non venga usata per descrivere l’intera stagione.