Nel team paralimpico di canottaggio, oltre a Lorenzo Bernard, Greta Muti, Alessandro Brancato e Lorena Fuina, ci sarà anche Cristina, detta Kikki, Scazzosi.
Nativa di Borgomanero, in provincia di Novara, è ipovedente dalla nascita, ma per l’azzurra lo sport è sempre stato una valvola di sfogo per le tensioni, le rabbie, i pensieri, ma anche un momento che la fa stare bene e divertire.
Come racconta in un’intervista, non è stata lei a scegliere questa disciplina, ma è stata questa specialità a sceglierla, poiché in passato due allenatrici le hanno consigliato di provare a cimentarsi in questo sport, facendo oltretutto il suo nome nell’universo agonistico paralimpico e da quel giorno non è più scesa dalla canoa.
L’avversario che teme maggiormente alle Paralimpiadi sarà sicuramente la sua ansia: “Durante i vari pre gara faccio fatica a respirare, però una volta che sono in barca, le tensioni passano e do sempre il massimo, vivendo ogni istante al cento per cento”.
“Non ho bisogno che sia facile, mi serve che sia possibile”
La vera e propria svolta nella carriera di Kikki Scazzosi, arriva nel 2015, quando viene convocata in Nazionale per partecipare come riserva alla sua prima competizione internazionale: i Mondiali di Aiguebelette, in Francia. Lo stesso anno vince la medaglia di bronzo ai Campionati Italiani di Para-Rowing a Ravenna.
Ma per l’atleta piemontese ciò che conta non sono i numeri, ma sapere di aver dato il massimo durante una gara e questo lo deve ai suoi coach: “Le persone più importanti nel mio percorso sportivo sono i miei allenatori, anche se per me sono degli amici, perché mi hanno insegnato a vivere in gruppo e a resistere alle difficoltà dello sport agonistico”.
Durante un’intervista racconta di ispirarsi all’atleta paralimpica di surf, Bethany Hamilton, la quale ha perso un braccio in seguito ad un attacco da parte di uno squalo tigre. Per questo motivo Cristina ha deciso di non porsi mai dei limiti, tatuandosi sulla caviglia una frase che simboleggia la storia della surfista: “Non ho bisogno che sia facile, mi serve che sia possibile”.
La fede poi è un’altra costante nella vita dell’azzurra, che l’accompagna e la sostiene nei momenti più difficili: “Ho sempre con me un piccolo rosario che ho preso durante il cammino di Santiago”, ha dichiarato.

I progetti di Cristina e l’amore materno
Partecipare a Tokyo 2020 è sicuramente una grandissima soddisfazione, ma il suo più grande sogno è sicuramente quello di diventare mamma: “Questo desiderio mi accompagna da sempre, però i figli o si fanno a 20 o 40 anni, nel mio caso. Ho deciso in passato di godermi la vita per poi dedicarmi completamente a un figlio”.
Afferma inoltre che il momento più emozionante della sua carriera è stato sentire l’inno nazionale durante gli Europei del 2020. Ma la qualifica e il bronzo al Mondiale rappresentano i primi traguardi importanti a livello agonistico e per questo motivo sono indimenticabili.
A proposito di emozioni, non è stato facile per l’atleta piemontese affrontare la pandemia, soprattutto durante il primo periodo: “Inizialmente ho avuto una grande crisi: eravamo in raduno e ho temuto di non riuscire più a tornare a casa, perché non si capiva cosa stesse succedendo nel mondo. Ma nonostante ciò ho sempre continuato ad allenarmi, malgrado tutti i limiti“.
La sua famiglia poi è un grande punto di riferimento, in particolar modo sua mamma che le è stata sempre vicina stimolandola e alla quale dedica la sua partecipazione ai giochi. E a proposito di Paralimpiadi, dopo Tokyo 2020, la valigia della nostra azzurra rimarrà intatta perché sogna di fare un viaggio avventuroso: “Mi piacciono i cammini, ne ho già fatti tre nella mia vita, abbastanza estremi, wild. Il mio sogno è proprio quello di ripartire con lo zaino in spalla per girare un po’ il mondo”.