È di questi giorni la proposta di lasciare i reparti di ostetricia fuori dal Parco della Salute. Sulle questione è intervenuta la rete di associazioni “+ di 194 voci’ che non condivide le intenzioni del Consiglio Regionale e le dichiarazioni di Luigi Icardi. L’assessore alla Salute aveva affermato che la Regione è al lavoro per preparare un disegno di legge che permetterà la nascita di un’azienda indipendente sul materno-infantile per la cura di mamma e bambino.
Secondo l’associazione un’eventuale scelta in questo senso non terrebbe in alcun conto la salute delle mamme. Soprattutto perché i dati attuali confermano la presenza di un numero sempre maggiore di gravidanze con donne che presentano patologie (cardiopatie, nefropatie, ecc.) o che le sviluppano nel corso della gravidanza. Al punto che, in tutto il mondo occidentale, la mortalità e la grave morbosità materna sono in aumento.
Specialisti e dotazioni non a misura di donna
“Per far fronte a questa vera e propria emergenza – si legge in un comunicato del gruppo – è ampiamente riconosciuta la necessità di attivare un’assistenza multidisciplinare, per cui gli ostetrici lavorino in stretto e quotidiano contatto con gli altri specialisti (cardiologi, nefrologi, chirurghi, ematologi, ecc.) dell’adulto; mentre nell’ipotizzata azienda materno-infantile per la cura di mamma e bambino questi specialisti ci sarebbero sì, ma esperti nella cura dei bambini, non delle mamme“.

E il problema non riguarderebbe solo l’inadeguatezza delle risorse umane, ma anche del supporto tecnologico: “In un grande ospedale pediatrico che ha tutte le specialità, come sarebbe ed è attualmente il Regina Margherita, la dotazione strumentale è all’avanguardia, e specificamente dedicata alla medicina dell’età pediatrica. Ma i bambini non sono dei piccoli adulti e quindi la tecnologia disponibile sarà a misura di bambino, non a misura di donna“.
Problema di cultura e di carattere economico
Per i rappresentanti della rete di associazioni ‘+ di 194 voci’ una tra le problematiche più importanti riguarderebbe il lato economico della vicenda in quanto acquisire soltanto per una specialità, nel caso di specie l’ostetricia, gli strumenti che in un grande ospedale sono a disposizione di tutti sarebbe considerato antieconomico. Motivo per cui è facile intuire che è quasi certo che la futura “azienda per la cura di mamma e bambino” ne sarà priva. “A dimostrazione, – conclude la nota – ancora una volta, che la donna in gravidanza viene considerata non una persona, ma un’incubatrice“.