L’astensione è la vera vincitrice delle elezioni a Torino. Abbiamo letto e leggeremo questa considerazione più di una volta, perché nonostante sia ovvia, è la verità. Alla prova del ballottaggio, l’affluenza ha toccato il 42,13% e segnato un nuovo record di minimo storico. Consultando i dati ufficiali sul sito del Comune, è possibile constatare che in media ha votato 1 torinese su 3 in quasi tutte le circoscrizioni.
Nel mentre la città si prepara ad accogliere (e giudicare) l’operato del nuovo sindaco Lo Russo, varrebbe la pena iniziare a chiedersi il perché di questo astensionismo. Come mai si sono raggiunti tali minimi storici, in una città che è sempre stata mediamente attenta alle vicende politiche? Perché le piazze, in questo periodo in particolare sempre pronte a far sentire la loro voce, disertano la possibilità di esprimersi attraverso la cabina elettorale?
Le (possibili) ragioni dell’astensione
In mancanza di un sondaggio che interroghi i cittadini uno per uno, possiamo provare ad azzardare delle ipotesi a questa scelta così drastica quale l’astensione. Il dato oggettivo che si ricava da un quadro del genere è che i cittadini non sono interessanti alla politica; è abbastanza evidente che vivono una certa sfiducia di fondo verso le istituzioni.
Questa sfiducia è, a mio avviso, un problema complesso che non riguarda il singolo personaggio o schieramento. Non credo che l’astensione sia una forma di rifiuto verso la precedente amministrazione Appendino, né tantomeno dell’esperienza 5 Stelle in generale. È possibile che la sfiducia sia data da una classe politica che semplicemente non riesce più a parlare con loro.

Il problema è che con “parlare con loro” non si intende la sedia simbolica che Lo Russo portava in giro con sé. Il dialogo dovrebbe essere più profondo, corale e soprattutto meno scenico perché queste immagini hanno il pregio di funzionare discretamente sui social, ma il difetto di bruciarsi subito. Tuttavia penso che le colpe dell’astensione siamo ambivalenti e anche i votanti abbiano la loro colpa.
Il voto mancato dei cittadini
Esprimo qui la mia esperienza personale per concludere il ragionamento sull’astensione. Io non ho votato in quanto non residente, eppure all’indomani delle elezioni avevo le idee chiare su chi avrei scelto avendone la possibilità. Con mia sorpresa, dopo una serie di considerazioni e analisi dei programmi elettorali, mi sono ritrovato a constatare che avrei votato lo schieramento opposto a quello che di solito ho appoggiato nelle elezioni.
Da qui ho pensato che forse il problema potrebbe essere anche questo: il cittadino votante semplicemente non vuole informarsi. O meglio, è possibile che si informi in maniera superficiale liquidando la scelta in maniera semplicistica, considerando qualsiasi schieramento ugualmente sbagliato.
“Destra o sinistra, sono tutti uguali”, si diceva (e dice) spesso. Penso che alla fine questo motto sia diventato dogma e che i votanti ci credano tanto da preferire appunto l’astensione. L’attuale classe politica dovrà lavorare molto per recuperare credibilità (che innegabilmente ha perso), tuttavia anche la classe votante dovrà impegnarsi. Dovrà studiare e scoprire che centrodestra o centrosinistra vuol dire indirizzi economici diversi, tagli e aggiunte alle tasse comunali differenti, gestione giuridica divergente.
C’è da ricostruire una serietà politica nelle istituzioni e una coscienza politica nelle persone. L’augurio è che questa nuova giunta sia capace di fare anche questo, perché ne abbiamo davvero bisogno.