Quale potrebbe essere il senso intrinseco della mostra fotografica di fotogiornalismo “World Press Photo” che si sta tenendo a Palazzo Madama e che durerà fino al 22 agosto? Potremmo dire che per provare a capire il mondo bisogna prima conoscerlo e che la forma più immediata di conoscenza passa attraverso i nostri occhi. Per dirla in estrema sintesi con una frase evocativa talvolta “un’immagine vale più di mille parole”. Ecco perché potrebbe valere la pena per gli appassionati di foto, così come per i neofiti non perdere l’occasione di visitare il World Press Photo il concorso di fotogiornalismo più prestigioso del mondo, che espone al suo interno oltre alle foto vincitrici, gli scatti dei fotografi finalisti della 64ª edizione.
Già solo La World Press Photo of the Year 2021 vale emotivamente l’intera visita, stiamo parlando della foto vincitrice che immortala l’abbraccio, attraverso una tenda, tra l’85enne Rosa Luzia Lunardi e la sua infermiera nella casa di cura Viva Bem, a San Paolo del Brasile.
Lo scatto che ha commosso il mondo ben evidenzia l’importanza di un abbraccio, quell’abbraccio spesso dato per scontato, ma proibito ai tempi del Covid 19, tra Rosa e l’infermiera Adriana Silva da Costa Souza. Il fotografo Danese Mads Nissen con il suo obiettivo pone l’accento sull’emozione di uno spaccato di pseudo-normalità grazie alla semplice invenzione della “tenda dell’abbraccio”, che ha permesso a tanti anziani ospiti delle case di cura e ai loro familiari di potersi ritrovare e abbracciare in tutta sicurezza, sentendosi così meno soli ai tempi del Covid19.
“World Press Photo”: i dettagli della mostra
Come dicevamo poc’anzi é una mostra fotografica di fotogiornalismo, ovvero quel tipo di fotografia che documenta eventi importanti o sensazionali. Foto che non hanno solo lo scopo di immortalare un’immagine ma anche di diffonderla, tramite internet, o tramite i social, al fine di renderla visibile a tutti.
L’esibizione prevede varie tappe in tutto il mondo, fino al 22 agosto avremo la fortuna di poterla visionare a Torino. Vengono esposte le foto vincitrici di varie categorie giornalistiche (notizie generali, imprevisti, attualità, etc.) che non vi lasceranno insensibili dinanzi ai temi toccati e alla capacità del fotografo di descriverli.
Le foto in esposizione
La mostra, a mio avviso, non vi lascerà indifferenti, i fotoreporter inquadrano la realtà, anche quando questa non è sempre piacevole. I fatti reali comprendono anche eventi drammatici come le guerre quella all’Is (o Isis) o come quella del Nagarno-Karabakh. Altre volte l’attualità vive episodi imprevedibili e violenti, come l’eruzione del vulcano Taal del 12 gennaio scorso, o l’esplosione avvenuta a Beirut il 4 agosto 2020. Altre volte dà uno spaccato di un qualcosa che viviamo più da vicino quotidianamente come la pandemia di Sars-Covid.

In queste foto vi é pathos, Documentano una tragedia ma riescono a farlo in maniera empatica. Alcune di queste foto riescono a raggiungere livelli di una delicatezza quasi poetica.
Per questo motivo la mostra meriterebbe di essere vista, perché riuscire a raccontare una tragedia non banalizzandola, arrivando a dotarla di sentimento, è una cosa che appartiene ai veri artisti. Dickens, Verga e Chaplin ne sono esempi illustri.

Raccontare la speranza
Se da un lato il giornalismo racconta le grandi tragedie, dall’altro per fortuna dà voce anche alle gioie, come a uomini e donne che superano difficoltà e sconfiggono malattie. La sezione “soggetti singoli” è dedicata a loro.
Ci sono storie illuminanti, come quella della città di Flint, in Michigan, che lotta contro una crisi economica da anni e che ha creato una squadra di basket, i Jaguars, incentrata sull’unione e lo spirito di gruppo. Un modo per combattere la continua emigrazione attraverso lo sport e il supporto reciproco. Una storia che sembra una favola perché vede la squadra, nata dal nulla, arrivare alla finale del campionato, purtroppo interrotto a causa del Covid.
O la storia di Pat Naughton, l’atleta che a 27 anni vinse la sua terza medaglia nel campionato di decathlon irlandese, per poi ritirarsi l’anno successivo. E poi tornare a gareggiare a 40 anni perché non ancora stanco dello sport. Al punto tale che ancora oggi, a 87 anni, partecipa a gare e si allena costantemente, progettando di correre il pentathlon a 90 anni.

E altre storie ancora che meritano di essere viste nello scenario sempre incantevole di palazzo Madama che ancora una volta si presta ottimamente a ospitare eventi del genere.