Domenica 09 gennaio 2022, in concomitanza con la fine delle celebrazioni del 500° anniversario del Miracolo della Santissima Pietà da parte della diocesi di Novara, Cannobio tributerà un omaggio speciale a monsignor Germano Zaccheo, vescovo di Casale dal 3 giugno 1995 al 20 novembre 2007. Il piccolo comune del Verbano-Cusio-Ossola situato sulla riva nord-ovest del lago Maggiore, sua città natale, gli intitolerà la piazza antistante al santuario della Ss. Pietà, perché con questo atto ha voluto sottolineare le sue radici.
Ma se monsignor Germano Zaccheo qui è nato ed sempre è rimasto legato a questa terra, la sua personalità ha coinvolto anche diverse altre realtà, lasciando tracce significative nelle opere pensate, progettate e attuate, offrendo con questo suo fecondo lavoro un modello di uomo, fratello e pastore che può ben essere lievito per la crescita cristiana dei luoghi, dove ha ricoperto incarichi delicati e sempre più importanti.
Non sarà facile per me, proprio per le considerazioni appena fatte, tracciare il suo profilo. Cercherò di farlo, prendendo in considerazione gli aspetti legati alla sua fede, alla sua preparazione culturale, alla sua sensibilità per l’arte, non senza aver prima dedicato qualche cenno alla sua biografia.
Richiami biografici
Germano Zaccheo nasce il 16 agosto 1934, nel giorno immediatamente successivo alla festa dell’Assunta, a Cannobio, ridente località carica di storia del Lago Maggiore. La famiglia è di modeste condizioni economiche e proprio all’interno del nucleo familiare acquisisce una particolare sensibilità ed attenzione nei confronti di chi
non vive nell’abbondanza. Apprende infatti ad essere vicino ai poveri e, nei limiti del possibile, ad aiutarli. Questa sua educazione lo accompagnerà per tutta la vita,
perché sarà sempre disponibile all’aiuto. Non a caso qualche giornalista, che ha
conosciuto bene monsignor Zaccheo, nel tratteggiare la sua figura di vescovo di Casale, prima di parlare del suo impegno di pastore nella diocesi del Monferrato, ha voluto sottolineare che è stato uomo costantemente povero ed è morto povero, perché ha sempre donato tutto quello che gli veniva offerto a chi aveva bisogno.
Dopo gli studi in seminario riceve nel 1958 l’ordinazione sacerdotale dal vescovo Gilla Vincenzo Gremigni, dal quale molto probabilmente ha avuto una serie di impulsi a coltivare il gusto per l’arte. Il presule infatti, che l’ha ordinato prete, nel periodo del suo ministero episcopale novarese, ha portato avanti molte iniziative collegate alla
conoscenza e allo sviluppo dell’arte in generale e dell’arte sacra in particolare.
Dopo un periodo di apprendistato pastorale, come coadiutore, a Villadossola, popolosa comunità in questo periodo carica di problematiche sociali non di poco conto, viene presto chiamato a Novara dal nuovo vescovo, Placido Maria Cambiaghi, che gli dà il delicato incarico di rettore del seminario e, nello stesso tempo, gli affida l’incarico di condirettore del settimanale diocesano L’Azione.
È di questo periodo una collaborazione intensa e significativa con un altro sacerdote dall’alto livello culturale, con una competenza magistrale nell’ambito della comunicazione sociale, don Giuseppe Cacciami. Tra i due nasce un’amicizia arricchente per entrambi sia per quanto riguarda il confronto personale, sia per quanto riguarda l’attività pastorale.
Con l’arrivo a Novara di monsignor Aldo Del Monte nel 1971 per don Zaccheo inizia presto un nuovo lavoro delicato ed importante. A Lui da Del Monte viene affidato un incarico di notevole importanza a livello diocesano, quello di vicario generale. A rendere ancora più impegnativa la sua missione di vicario c’è un fatto molto importante: in questo periodo il presule Del Monte è spesso a Roma, perché sta gestendo, come presidente, la commissione nominata dalla CEI per la predisposizione del nuovo catechismo per la Chiesa italiana, don Germano, quindi in buona sostanza è chiamato a svolgere il delicato ruolo di rappresentante del vescovo, cercando di interpretarne la volontà. Il vicario generale agisce con competenza, equilibrio ed intelligenza, offrendo una preziosa, franca e leale collaborazione al suo vescovo.
Anche il quarto presule, il futuro cardinale Renato Corti, ha un bel rapporto con don Zaccheo, in quanto da subito per Lui prova stima riconoscendogli una capacità operativa, che per alcuni versi lo suggestiona: resta infatti ammirato per il suo spirito concreto e molto pratico, efficace nel ottenere i risultati sperati.
In questi anni don Germano spinto anche dalla sua personale vocazione per l’arte, mette in moto tutta la complicata attività di manutenzione ordinaria e straordinaria del Duomo di Novara. Tra l’altro questa sua esperienza novarese gli servirà per gestire operazioni analoghe, realizzate nella diocesi di Casale, dove andrà pastore nel 1995. Consacrato nel settembre di questo anno, appena citato, preso possesso del suo nuovo incarico esercita il suo ministero pastorale con saggezza, discernimento e sapienza per 12 anni. La morte lo coglie improvvisamente a Fatima, dove si recava spesso per momenti di riflessione e di preghiera.

Tre punti cardinali del suo profilo:
La fede
Nell’ incipit di questa riflessione accennavo alle difficoltà di riassumere in poche righe la poliedrica personalità di monsignor Germano Zaccheo. Mi sembra però possibile
evidenziarne tre aspetti: la sua fede, la sua cultura e il suo amore per l’arte.
Innanzi tutto Zaccheo è stato uomo di fede. Ha avuto una fede, che si è rafforzata grazie all’amore per i fratelli. Dai suoi scritti si ricava infatti che la fede che l’ha portato a credere e ad amare Dio è passata attraverso l’amore verso i fratelli, l’amore verso il prossimo quindi, applicando sempre nella sua vita questo fondamentale insegnamento.
Una caratteristica di questo sacerdote e vescovo è che si è sempre fatto fratello con il suo prossimo, cercando di mettersi in sintonia. Per alcuni versi nel suo ministero ha concretamente attuato due modi di vivere il Cristianesimo proposti oggi da papa Francesco. Il primo: ha creduto nella Chiesa in uscita, di conseguenza il suo amorevole messaggio per i più lontani. La sua parola, ma soprattutto la sua concreta attenzione era per i più distanti, magari i più poveri e sofferenti. Era per quelli della periferia, essendo profondamente convinto che nella periferia ci fossero le persone che hanno più bisogno della Chiesa sotto tutti i punti di vista.
La seconda: monsignor Zaccheo è stato guida, è stato pastore, collocandosi nel suo “gregge” in posizioni diverse in base alle esigenze della sua comunità. Proponendosi con l’esempio si collocava in testa al suo popolo, ma sapeva
mettersi in mezzo, quando era necessario un personale incoraggiamento e stava
nelle retrovie, quando una sua parola, ma soprattutto un suo concreto aiuto era
necessario al fine di non far prevalere la cultura dello scarto.
La cultura
Ha avuto una particolare predilezione per le opere di George Bernanos, autore che annovera tra le sue opere il celebre “Diario di un curato di campagna” , è stato uomo di profonda cultura, in quanto cercava nelle opere letterarie e filosofiche, che leggeva e studiava, un aiuto al fine trovare le risposte giuste per risolvere i problemi esistenziali che, in quanto uomo, assillavano anche lui.
Amava fare richiami ai grandi pensatori, non per dimostrare che li conosceva bene e fare quindi esibizione della sua preparazione, ma perché puntava sulla loro autorevolezza per avere un sostegno alle sue tesi. La sua preparazione culturale lo portava anche a guardare al passato, di conseguenza alle tradizioni, non come se le tradizioni fossero un cumulo di cenere, vedeva in queste le proiezioni di un mondo da costruire.
Non solo, avendo nei suoi primi anni di ministero sacerdotale vissuto la Chiesa di Giovanni XXIII, nel periodo in cui la cultura cattolica cercava il dialogo con il mondo contemporaneo, ponendosi non come depositaria di un modello di società da imporre, ma come portatrice di valori utili per contribuire alla realizzazione di una comunità nuova, il giovane prete Germano Zaccheo, per dialogare, con particolare attenzione con i giovani, dà molta importanza ai mezzi di comunicazione sociale, con precipuo riferimento alla carta stampata e al cinema.
È questo il periodo in cui don Zaccheo e don Cacciami puntano a potenziare la stampa diocesana e il vescovo Placido Maria Cambiaghi pubblica una sua lettera pastorale sulle comunicazioni sociali, ispirandosi al documento conciliare “Inter Mirifica”. Anche dopo la sua nomina a vescovo di Casale Zaccheo continua a portare avanti la sua convinta tesi sull’importanza delle comunicazioni sociali e soprattutto dialoga con i giovani, utilizzando gli strumenti del mondo contemporaneo, sostenendo comunque la necessità di un loro equilibrato utilizzo.

Il gusto per l’arte
Parlare del vescovo di Casale senza fare riferimento al suo gusto e alla sua passione per l’arte sarebbe presentare un quadro gravemente lacunoso della sua poliedrica personalità. Certamente il presule ha avuto una spiccata vocazione naturale per l’arte.
Una prova si ricava dalla considerevole e qualificata cerchia di cultori d’arte
con i quali ha intrattenuto rapporti di amicizia. Mi piace ricordare in questa
circostanza il legame, durato tutta la vita, che ha avuto con il professor Andrea Villani, docente dell’ Università Cattolica di Milano, con il quale ha collaborato e per il quale ha scritto diversi saggi sull’arte religiosa e sul suo peculiare significato.
Credo che prove di questa particolare vocazione si possano trovare a Cannobio, a Novara e a Casale Monferrato. In tutte e tre le comunità ci sono opere, che sotto la sua attenta direzione artistica sono state restaurate. Ad esempio Cannobio, il santuario della S.S. Pietà, a Novara, il Duomo con tutti i lavori da lui suggeriti e in parte realizzati quando era ancora in terra novarese, e a Casale, la cattedrale e il recupero delle tracce medioevali dell’Atrio – per citare i più significativi progetti – parlano di lui.
La storia lo annovererà tra i benemeriti che hanno contribuito a mantenere viva la pietà religiosa e a tramandarla nei secoli. Questa mia affermazione non fa più riferimento ad un protagonista di fatti di alla cronaca, richiama un personaggio, che con le sue opere, appartiene ormai alla storia.
Prof. Franco Peretti
Cultore di storia della dottrina sociale della Chiesa