Le frattaglie sono il tipo di piatto che più facilmente può non piacere, arrivando persino a disgustare con facilità. Con il termine, infatti, si indicano generalmente le interiora degli animali come animelle, cervello, cuore, fegato, lingua, milza, polmone, rognone e trippa.
Qui in Piemonte la tradizione culinaria fa un largo uso di questi tagli, utilizzandoli in molti piatti tipici; primo fra tutti, il fritto misto piemontese, composto da 13 parti diverse, tra cui cervella, rognoni, fegati e polmone. Le interiora si ritrovano ancora in piatti come la testa in cassetta, la finanziera (che si prepara con gli scarti del pollame), e la popolare lingua bollita.
Da dove viene una tradizione così ricca di frattaglie? La risposta affonda direttamente le radici nella Storia.
La storia delle frattaglie in cucina
Come si può immaginare, le frattaglie sono tagli poveri, in quanto residui o scarti. Sono anche pezzi che deperiscono facilmente, soprattutto in tempi in cui non esistevano ancora i frigoriferi per conservare il cibo. Erano dunque piatti popolari che in passato venivano consumati con frequenza.
Col passare del tempo, questi tagli iniziano ad assumere un certo rilievo per un motivo preciso. All’interno delle famiglie l’uccisione e la macellazione di un animale di grossa taglia (come un maiale o un vitello) era un evento importante e che di sicuro non capitava tutti i giorni. Dovendo consumare presto le interiora (perché di un animale non si buttava via niente), le frattaglie diventarono automaticamente il piatto tipico di quell’evento.
Ecco quindi che nella tradizione le frattaglie iniziano a identificare il “giorno di festa”, ed è per questo motivo che generalmente i piemontesi lo associano alla domenica. Mangiare il fritto misto la domenica dai nonni per più di una famiglia è quasi un’istituzione. Questa tradizione, ormai riservata all’ambito famigliare, sta ritornando anche nell’ambito della normale ristorazione.

La riscoperta delle frattaglie
A parte qualche raro caso, è difficile trovare un ristorante o locale che cucini abitualmente interiora o fritto misto; generalmente questi piatti vanno prenotati qualche giorno prima. Ma nel mondo della ristorazione si sta avendo una piccola inversione di tendenza e si trovano con più frequenza locali che includono ogni giorno frattaglie nel menu.
Ciò che si riscontra è che il palato delle nuove generazioni, in genere più diffidente a questi sapori, li stia scoprendo (o riscoprendo) e soprattutto apprezzando. A testimoniare il fenomeno è Fabio, proprietario di una paninoteca aperta da circa un mese in via Garibaldi; tra la normale offerta di salumi spiccano il lampredotto, la milza e la guancia.
“Il lampredotto è il prodotto che vendo di più”, ha dichiarato Fabio. “Ne consumo 10 kg a settimana, e in generale i panini con le frattaglie sono i più richiesti dai clienti di qualsiasi età”. Dopo il lampredotto, il secondo prodotto più venduto è la nugget di cervella, una intelligente rivisitazione del cervello fritto; Fabio ne prepara ogni giorno un numero limitato per ovvie ragioni di deperibilità in quanto prodotto fresco, e finiscono tutte.
Un possibile modello economico
L’idea delle frattaglie si dimostra vincente non solo da un punto di vista gastronomico ma anche da quello economico. Questi tagli, come accennato prima, sono poveri e dunque costano poco: per chi li cucina la spesa è minima anche quando la qualità è alta.
È possibile considerare questa strategia uno dei modelli economici più efficaci nella ristorazione. In un mondo in cui i palati sono più attenti sulla qualità dei cibi offerti dai ristoratori, puntare su un alimento economico ma buono è di sicuro una mossa vincente.
Ancora una volta, dunque, la tradizione potrebbe indicare la strada per l’innovazione e il passato costruire il futuro.