Da gennaio 2022 il gianduiotto, celebre cioccolatino piemontese, prodotto dalla Caffarel, si fonderà con la svizzera Lindt. L’obiettivo principale sarà quello di valorizzare entrambi i marchi, ma sotto un’unica direzione, utilizzando una strategia di marketing e industriale esclusiva, pur sempre mantenendo la qualità e il rispetto dei prodotti.
Di recente l’industria piemontese stava patendo notevolmente la crisi, e la pandemia non ha di certo aiutato; a giugno infatti la storica fabbrica, fondata nel 1826, aveva annunciato 90 esuberi su 328 dipendenti, più un anno di cassaintegrazione straordinaria per tutti i lavoratori. Grazie a questa fusione il futuro dell’azienda sarà sicuramente più roseo.
L’unione fra Lindt e Caffarel
“Il gruppo Lindt & Sprüngli rimane fortemente impegnato a sostegno di Caffarel e dello stabilimento di Luserna, al fine di garantire un futuro più solido al marchio e di continuare a investire su di esso. Dopo gli investimenti effettuati nel corso degli anni per sostenere il capitale del brand, la decisione di procedere alla fusione è stata una conferma della determinazione a perseguire le migliori soluzioni per garantire la crescita del marchio Caffarel, come asset fondamentale per il gruppo”, ha dichiarato l’azienda svizzera.
Per questo motivo i punti di forza della Caffarel saranno ulteriormente valorizzati e riportati in auge tramite nuovi investimenti e tecnologie, con l’intento di aumentare la distribuzione. Allo stesso tempo i sindacati non vedono di buon occhio questa fusione: “L’integrazione darà visione e struttura economica a Caffarel. Lindt & Sprüngli ci hanno assicurato che il brand torinese sarà distinto da Lindt che, con il suo modello organizzativo, di marketing e commerciale, potrà essere un’opportunità per i gianduiotti di espandersi sui mercati oggi off-limits”.
“Nonostante ciò, queste operazioni comportano sempre sovrapposizioni tra manager e impiegati delle due aziende, per cui temiamo la tenuta occupazionale”, ha sottolineato la segretaria Flai Cgil, Lara Calvani.

Le origini del gianduiotto
Nel 1826, Pier Paul Caffarel rilevò una piccola e modesta conceria nel quartiere San Donato di Torino, che fece diventare un vero e proprio impero del cioccolato. Successivamente l’azienda si unì ad un altro mastro cioccolatiere, Michele Prochet, il quale da un impasto a base di cacao, zucchero e nocciole, nello specifico la nocciola Tonda e Gentile delle Langhe, creò un nuovo composto dando poi vita al famosissimo gianduiotto.
Inizialmente il cioccolatino prese il nome di givo, che in piemontese significa mozzicone di sigaro, vista la sua particolare forma che lo ricordava.
In seguito, nello specifico nel 1865, durante una festa di carnevale, Caffarel incontrò Gianduja, la maschera tipica piemontese caratteristica per il cappello a tricorno, simbolo della lotta per l’indipendenza che si combatté in Piemonte nel 1799. Da quel giorno il givo cambiò nome in gianduiotto e la pasta di cioccolato e nocciole prese il nome di Gianduia; ancora oggi la data storica è impressa sulla carta dorata del cioccolatino.