In attesa dei doversosi omaggi per il Giorno della Memoria, il Consiglio Regionale del Piemonte ha accolto a Palazzo Lascaris Lidia Maksymowicz, sopravvissuta all’orrore nazista. Lidia fu deportata dalla campagna bielorussa e internata nel campo di concentramento di Auchwitz-Birkenau quando aveva solo pochi anni, assieme alla madre.
Il vicepresidente del Consiglio regionale, Mauro Salizzoni, ha accolto la Maksymowicz con affetto e commozione. Lidia ha ricambiato donando al vicepresidente una copia del libro “La bambina che non sapeva odiare”, testimonianza autobiografica scrtta con il giornalista Paolo Rodari.
La storia di Lidia Maksymowicz
Lidia visse per tredici mesi l’inferno del lager, nella baracca dei bambini, diventando una delle piccole “cavie” degli esperimenti del dottor Josef Mengele. Sua madre sparì in una delle “marce della morte”, alla fine del 1944 poco prima che le truppe russe arrivassero a liberare i prigionieri.

In seguito una donna polacca adottò la bambina che si prese cura di lei ma non perse le speranze di rivedere la madre naturale, che in effetti ritrovò dopo diciassette anni di ricerche. Quella di Lidia Maksymowicz è una storia che nasce dall’orrore e finisce per raccontare l’amore; per questo ha deciso di dedicare la vita a condividere la sua esperienza e dire no all’odio, affinché la storia non si ripeta.
“Il numero che porto tatuato sul mio braccio documenta che quello che racconto è verità”, ha commentato Maksymowicz. “Purtroppo sono pochi i testimoni rimasti ancora in vita ma è fondamentale raccontare ciò che è avvenuto per combattere quell’odio che con i nazionalismi sta riemergendo in molti luoghi”.
Il dovere di raccontare
Il vicepresidente Salizzoni ha espresso la sua partecipazione alla storia di Lidia. “È stato un incontro commovente, così come lo fu la visita del campo di Auschwitz che ebbi occasione di visitare negli anni Settanta quando, durante uno scambio fra studenti universitari, trascorsi un periodo di lavoro in un ospedale polacco”.
Salizzoni ha poi sottolineato il dovere della memoria affermando che “la memoria è l’unico grande vaccino per evitare il ripetersi di simili tragedie. Noi tutti abbiamo il dovere di impegnarci in tal senso nella difesa dei valori della democrazia”. Del resto questo è esattamente lo spirito con cui Torino ha organizzato molti appuntamenti in merito.
La vicenda di Lidia è stata inoltre illustrata nel docufilm uscito l’anno scorso “70072: la bambina che non sapeva odiare”, prodotto dall’Associazione La Memoria Viva di Castellamonte, in collaborazione con il Club Turati del Canavese e il Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale.