L’agricoltura non può essere responsabile del peggioramento della qualità dell’aria che, da settimane, sta nuovamente interessando la città di Torino ed il suo agglomerato. Ad affermare ciò è la Coldiretti Torino ed il suo presidente Sergio Barone.
“In questo periodo dell’anno l’agricoltura è praticamente ferma. Se si esclude la normale vita delle mucche e dei maiali nelle stalle, non ci sono concimazioni, a parte qualche agricoltore che si porta avanti col lavoro spargendo naturalissimo letame. È assolutamente ridicolo, per un’area urbana tra le più trafficate d’Italia, cercare nell’agricoltura il capro espiatorio dell’inquinamento dell’aria di Torino” sostiene Barone.
Questo atto di accusa sembra non essere confermato neanche dall’ultimo rapporto Ispra, braccio tecnico del Ministero della transizione ecologica, che ha indicato nel traffico e nelle emissioni industriali le prime cause di emissioni di gas serra.
Il peggioramento della qualità dell’aria è infatti avvenuto dopo i miglioramenti registrati durante i lockdown del 2020: una dimostrazione di come le chiusure, il minor traffico veicolare, il divieto degli spostamenti e l’utilizzo della didattica a distanza abbiano migliorato la qualità dell’aria.
In quel periodo agricoltura e allevamento hanno continuato invece a funzionare a pieno regime per garantire i rifornimenti alimentari e quando è tornato a crescere il traffico di conseguenza è tornato a crescere anche l’inquinamento da gas serra.

Coldiretti specifica “Le emissioni sono limitate solamente ad alcune fonti”
Coldiretti dopo che qualcuno ha sostenuto come l’agricoltura fosse uno dei responsabili dell’inquinamento ha voluto condividere alcuni dati che precisano come questa asserzione non può essere vera.
Le emissioni dell’agricoltura, sostiene l’associazione, sono limitate ad alcune fonti: il PM10 riguarda solo gli scarichi dei mezzi agricoli, che sono, secondo Coldiretti, in numero limitato in confronto al parco veicoli circolanti.
Altre fonti sono l’abbruciamento delle stoppie e dei residui colturali, pratica anch’essa secondo i responsabili dell’associazione sempre più limitata che oggi non attua quasi più nessuno, le emissioni di gas azotati, come l’ammoniaca, derivati dallo spandimento dei concimi, dall’urina dei bovini e dei suini. Per le emissioni di gas serra, il metano è invece rilasciato dalle deiezioni e la flatulenze degli stessi bovini e suini che vivono nelle stalle.
“Per quanto si consigli di migliorare l’alimentazione animale per ridurre le emissioni di gas intestinale, le stalle non sono certo l’attività economica prevalente per l’area urbana torinese” commentano dalla Coldiretti.
Se si guarda al particolato fine quindi i valori Pm 10 e PM 2,5 la Coldiretti sostiene che da sempre questi sono il prodotto dei fumi di combustione.
“I maggiori imputati sono i motori diesel e benzina più vecchi, i processi industriali che generano fumi e le centrali termiche non ancora metanizzate. Queste sono fonti dirette di produzione di polveri sottili. La responsabilità della formazione di particolato da parte del comparto agricolo è, invece, soprattutto, di tipo indiretto: gli effluvi di ammoniaca provocati dalle deiezioni animali e dei concimi reagiscono negli strati alti dell’atmosfera” commenta il presidente dell’associazione torinese Sergio Barone.
L’ente specifica che questo si tratta del cosiddetto “smog fotochimico” che si forma in alto, molto in alto, negli strati superiori dell’atmosfera, dove viene quasi sempre disperso dalle grandi correnti d’aria intercontinentali che, per l’area torinese, scorrono prevalentemente da ovest-sud ovest verso est. Visto che a ovest di Torino ci sono le Alpi che, in inverno, praticamente non ospitano attività agricole, questo particolato di origine agricola non investe l’area torinese ma vola verso altre zone della Pianura Padana.

“La concimazione non può essere la prima causa dell’inquinamento dell’aria di Torino nei mesi invernali”
A proposito di emissioni agricole di ammoniaca sul sito di ARPA Piemonte si può leggere come “dal punto di vista temporale, le emissioni di ammoniaca a seguito dello spandimento di reflui zootecnici si collocano nel periodo compreso fra febbraio e novembre, principalmente in primavera e autunno”.
Una specifica che chiarisce ancora di più, secondo Coldiretti, come la concimazione dei campi non può essere la prima causa dell’inquinamento dell’aria di Torino nei mesi invernali.
Altro punto sono gli studi sul contributo degli ossidi di azoto nella formazione del particolato e gli studi sul contributo dell’agricoltura nel diffondere ossidi di azoto.
“Sono ancora tutti troppo recenti per trarre conclusioni affrettate. Mentre i contributi delle emissioni al suolo di PM10 e di ossidi azoto sono ben conosciuti. Si sa da sempre che sono prodotte direttamente dai motori e dalle caldaie in loco, cioè nella stessa area urbana di Torino e ristagnano con le alte pressioni e con le inversioni termiche invernali. Senza l’agricoltura l’area urbana torinese non avrebbe il grande contributo verde di sequestro della CO2 e delle stesse polveri sottili determinato dalle colture” conclude Barone della Coldiretti di Torino.
Le coltivazioni e il verde urbano forniscono, infatti, un efficiente contributo per disinquinare l’aria nelle città e nelle periferie. E su questo nessuno può avere dubbi.