Paolo Rumiz apre la seconda giornata del Salone del Libro regalando un’ora di spettacolo più che di conferenza. Il suo incontro con il pubblico è incentrato su una riscrittura del mito d’Europa che intreccia racconto, poesia e musica. Ad accompagnare le sue parole, infatti, c’è Alexandar Sasha Karlic, musicista serbo che da anni vive in Italia.
Il viaggio di Rumiz parte dal racconto mitologico greco e sì trasforma in un attuale, reso teneramente suggestivo come lui è in grado di fare. Lo scrittore e giornalista riempie le sala con le sue parole e tutti ascoltano rapiti, perfino i bimbi di una scuola media lì presenti. Le note di Sasha aiutano a immergersi in un racconto antico e moderno allo stesso tempo.
Il mito di Europa nelle parole di Rumiz
Secondo la mitologia greca, Europa era una giovane donna rapita da Zeus sotto forma di toro; il dio si accoppiò a lei e in seguito la sua discendenza popolò il nostro continente. Rileggendo la storia, Rumiz immagina Europa come una profuga siriana che fugge dalla guerra. Accolta a bordo di una nave di marinai occidentali, la donna sbarca nei territori mediterranei, verso una nuova vita e la libertà.
Il racconto di Rumiz è vivo e intessuto di poesia; con grande capacità letteraria, l’autore fonde nelle sue parole realtà e sogno, descrivendo la tragedia dei migranti e la speranza di una vita migliore. Migliore non solo per loro ma anche per noi, che sembriamo aver perso il senso dell’Europa e dell’unità che ambiva a essere.
Con una bravura unica, Paolo Rumiz incanta e cattura. Fa capire al pubblico la bellezza della poesia, del suo suono in particolare, e di come è capace di calmare gli animi. “Se io fossi medico”, dice al pubblico, “invece del valium prescriverei un centinaio di endecasillabi da leggere la sera”. A me viene da sorridere perché mi fa pensare a quando ieri Nori ha descritto lo scrivere come una sorta di ultima spiaggia. Penso alla scrittura come rimedio, alla poesia come cura, e penso a quanto sia bello che il Salone regali questi momenti.
A conclusione del suo racconto, Rumiz immagina Europa, la protagonista della sua storia, che si rivolge direttamente a lui, suggerendogli di non stare sempre a scrivere e lasciare ogni tanto che le parole vadano al vento. Dopodiché ci dice che “il vento tra le righe” gli sembra proprio un bel titolo, e ce ne suggerisce l’uso. L’ho fatto per dare il titolo a questo articolo e spero di avergli reso un giusto omaggio.