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venerdì 8 Dicembre 2023

Disabilità: Torino è davvero una città accessibile?

La testimonianza di Mauro, un ex grafico impaginatore che ci ha raccontato la sua tragica storia e che vuole denunciare come la citta di Torino non sia propriamente un modello di accessibilità per i disabili.

Torino è una città accessibile e vivibile per una persona affetta da disabilità fisica? Non siamo gli unici a porci questa domanda. Anche Mauro, un 48enne torinese divenuto disabile negli ultimi anni se l’è chiesto. E continua a farlo. Dopo che ogni giorno fronteggia la città e le sue barriere architettoniche, spesso incontrando sul suo cammino non pochi ostacoli e difficoltà.

Lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare la sua storia e il suo punto di vista: di cittadino disabile alle prese con una Torino non totalmentedisabled friendly“.

La storia di Mauro: la depressione che lo ha costretto a vivere sulla sedia a rotelle

Mauro è disabile ormai da più di dieci anni. Nasce normodotato e durante l’intervista che ci ha concesso rammenta che molti anni fa, prima della disabilità, è stato anche uno sportivo accanito. Amava praticare il calcio, le arti marziali, il pugilato. Come mestiere invece è stato un grafico impaginatore.

La sua vita inizia a prendere una “piega storta” quando cade in depressione: “Il lavoro ha iniziato a scarseggiare, la ragazza con cui all’epoca convivevo si è ammalata. Ho dovuto contrarre debiti per far fronte a queste spese extra, vendere la casa appartenuta ai miei genitori e gli altri beni che erano in mio possesso. Tutto questo mi ha portato a uno stato di depressione. Ho raggiunto un livello tale di malessere che ho iniziato ad ingrassare e poi è subentrata la bulimia. Avevo costantemente problemi di schiena ed inoltre ho avuto anche un grosso incidente in macchina”, racconta l’uomo.

Da qui in avanti, si avvia un processo graduale di demoralizzazione. Inizia a fare i conti con la bulimia e la condizione di sovrappeso fino a raggiungere una situazione così grave che gli impedisce di camminare. È da allora che è costretto a utilizzare una carrozzina.

Il trasferimento in una RSA e la disorganizzazione delle strutture per i soggetti vulnerabili

Ci racconta che viveva in un bellissimo alloggio, un attico, vicino allo stadio Olimpico di Torino. Dopodiché le sue disponibilità economiche gli hanno permesso solo di trovare un appartamento ricavato da un ex negozio che aveva come unica fonte di aria un sistema forzato. Questo escamotage poteva andare bene per un locale ad uso commerciale ma non per un’abitazione privata e durante il periodo estivo ci sono state delle vere e proprie problematiche: si è ritrovato ad essere in pericolo di vita perché nella sua abitazione non c’era la possibilità di respirare. Un codice rosso.

A quel punto sono intervenuti i servizi sociali che hanno iniziato a cercare per lui una sistemazione adeguata. Le strutture più congeniali per le sue esigenze, però, non avevano posto e quindi, in misura provvisoria, è stato trasferito in un RSA, una residenza per anziani.

Sono stato mandato in una struttura che non era per niente quella giusta. Era un RSA. Ma non c’era nessun’altro posto disponibile, non c’erano alternative. Dovevo stare lì un paio di settimane ma poi ci sono rimasto per più di un anno. Chiaramente non era una situazione piacevole. Un disagio per entrambi, sia per me che per la struttura. Chiedevo continuamente di trovare un’altra sistemazione e anche la struttura nella quale ero stato inserito faceva appello affinché si trovasse un’altra soluzione”.

Mauro sarebbe dovuto essere inserito in una struttura per disabili ma la macchina organizzatrice dietro alle strutture per soggetti vulnerabili non sempre funziona correttamente. Anzi molto spesso si inceppa. Ed il suo caso è stato emblematico: nonostante la sua situazione richiedesse un centro conforme alle sue esigenze e problematiche le uniche porte che si sono aperte sono state quelle di un RSA per anziani.

Vivere la disabilità in giro per Torino: c’è ancora molto da fare

Torino non è l’ideale di città per i disabili. Secondo il protagonista di questa storia complicata e sulla base della sua esperienza personale da cittadino torinese disabile, il capoluogo piemontese non è propriamente un modello di accessibilità.

“C‘è ancora molto lavoro da fare anche se si vedono degli sforzi fatti, questi però sono del tutto insufficienti. Ci sono grandi problemi e questi molto spesso si sarebbero potuti risolvere con piccole soluzioni”.

Ciò che contesta è che il problema della disabilità dovrebbe essere tra i primi ad essere valutato e considerato, in particolare nell’ambito dell’edilizia e preliminarmente nelle fasi di progettazione di edifici e strutture.

Effettivamente basta fare un giro per Torino per accorgersi delle molteplici strutture e dei numerosi servizi che, nonostante siano stati creati in tempi anche abbastanza recenti, non hanno nessun tipo di accorgimento a favore dell’accessibilità per le persone disabili.

Molti negozi e supermercati anche di nuova costruzione non sono stati ideati per essere accessibili da tutti: la maggior parte sono sprovvisti di rampe o di ogni sorta di mezzo facilitatore. Anche la stazione di Porta Susa – osserva Mauro – è stata concepita male. Hanno speso tanti soldi per costruire tanti ascensori e tante scale mobili ma chi come me ha uno scooter elettrico creato apposta per disabili non può entrare. Perché non progettare delle rampe che hanno un costo minore e potrebbero essere utilizzate anche da passeggini e da biciclette oltre che dai soggetti disabili? Ma perché non pensare in anticipo?”.

disabilità Torino

Quanto supporto c’è per i disabili a Torino?

Torino dà supporto ai disabili, alle loro problematiche ed esigenze? Sì, ci sono moltissime associazioni sul territorio che si battono per i loro diritti. Ma nonostante la loro piena presenza sul territorio manca qualcosa.

Sì, è vero ci sono abbastanza enti a tutela della disabilità a Torino ma manca una coordinazione tra queste associazioni. Mi sembra impossibile che l’ufficio catasto e l’ufficio che si occupa delle barriere architettoniche non siano collegati direttamente con le associazioni che si occupano dei disabili”, commenta Mauro.

Per esempio, ci illustra una problematica molto comune tra le persone disabili. Un’eventualità a cui però, per il momento, nessun ente o struttura può fornire una soluzione: “Se ad un disabile si rompe la carrozzina in mezzo alla strada non esiste nessun piano né a livello provinciale né a quello regionale né tantomeno a quello statale che prende in considerazione questo tipo di problematica. A livello di organizzazione ci sono dei buchi esagerati. Il carro attrezzi per esempio non è autorizzato a caricare la carrozzina e non c’è una struttura né un servizio adeguato o un ente che ti possano aiutare”.

Disabilità: un appello alla città di Torino

Ma come si può migliorare e rendere la città di Torino più attenta alla disabilità e più accessibile alle persone disabili? Non sempre è facile “immedesimarsi” nei panni di una persona con qualche svantaggio fisico e nelle difficoltà che questa può avvertire in città.

Il Comune dovrebbe inserire un organismo che vada in borghese e che viva la città nelle vesti di un disabile. Solo attraverso questi espedienti è possibile segnalare correttamente le eventuali barriere architettoniche all’interno della città. E soprattutto è necessario farlo in tempo reale”, questa è la proprosta lanciata da Mauro.

C’è bisogno anche che ci sia un ente che coordini tutte le associazioni e che unisca le forze di tutte. Che non le disperda, come invece, molto spesso succede ora.

“Si investe tanto in molteplici cose ma unendo le forze si possono fare dei grossi investimenti che servono a tutti. E soprattutto si possono coinvolgere in fase di progettazione non solo le aziende private e quelle statali, ma anche i diretti interessati ovvero i cittadini disabili. Basta solamente un maggiore ascolto e la partecipazione reale di chi poi deve utilizzare i servizi. Perché non chiedere anche a loro?”.

Alle volte basta un solo centimetro collocato nel posto sbagliato per non far usufruire quella struttura ad un disabile. Ma se invece si fosse chiesto ai diretti interessati, tutto sarebbe nel posto giusto e pronto ad essere utilizzato da tutti.

Ci sono delle lacune su cui lo Stato, i comuni e la città devono lavorare perché se vogliamo vivere in una città equa dobbiamo tenere conto delle problematiche di tutti.

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