Quasi due anni fa, esattamente il 30 dicembre 2019, nel carcere torinese “Lorusso e Cutugno” morì Antonio Raddi, 28enne condannato per rapine, maltrattamento ed evasione. Nei giorni immediatamente precedenti al decesso l’uomo non era più in grado di bere e di mangiare
Secondo quanto trapela dalle indagini i responsabili della Casa Circondariale in zona Vallette presero sotto gamba la situazione medica del detenuto e pensavano addirittura che stesse fingendo. Il 10 dicembre il direttore del carcere aveva rassicurato la famiglia sulle sue condizioni mediche affermando che il soggetto era “ampiamente monitorato“. Invece è stato appurato che aveva un grave problema ai polmoni, infezione che gli aveva fatto perdere 25 chili di peso e lo condusse in breve tempo alla morte. Ora i familiari della vittima vogliono vederci chiaro e chiedono giustizia.
I legali dei genitori di Antonio, Massimo Pastore e Gianluca Vitale, hanno annunciato che faranno di tutto per è impedire l’archiviazione dell’inchiesta sulle cause del decesso. Inoltre sono state avviate due perizie tecniche per far luce su quanto accaduto: la prima aveva avuto un esito non risolutorio, mentre la seconda consulenza ha appurato che Raddi non ha ricevuto tutte le cure e le attenzioni necessarie per potergli salvare la vita. Il tribunale dovrà pronunciarsi sulla vicenda.

Retroscena su Antonio Raddi
Antonio era entrato in carcere a Torino nel mese di aprile 2019. La causa iniziale delle sue vicende giudiziarie sono una rapina all’età di 19 anni. Seguirono problemi di droga, accuse di maltrattamenti, quindi dei soggiorni riabilitativi in alcune comunità ad Alba e Cuneo. Ma commise l’errore di tentare una fuga poco prima che terminasse la pena, poco più di un mese dalla data limite.
All’epoca dell’ingresso nella Casa Circondariale torinese pesava sugli 80 chili. Nei mesi seguenti la sua situazione sanitaria iniziò a peggiorare, come risulta dalle nove segnalazioni complessive del Garante dei detenuti.
Da agosto in avanti le crisi si susseguirono, anche a causa di una patologia di origini neurologiche portatosi dietro da quando era bambino. Raddi ebbe difficoltà ad alimentarsi, ma fu diagnosticato che la salute del soggetto non aveva “particolari criticità“. Il personale medico non era convinto delle sue affermazioni, finché si giunse al tracollo definitivo tra il 13 ed il 14 dicembre di quell’anno, quando il suo peso era arrivato all’incirca sui 50 chili.
Pur ipotizzando un difficile rapporto esistente tra Antonio Raddi all’interno della struttura circondariale con coloro che avrebbero dovuto garantire l’incolumità del detenuto, quando si decise d’intervenire era ormai troppo tardi. Colpito, a quanto risulta, da vomiti e svenimenti, Raddi fu condotto d’urgenza nella sera del 13 dicembre all’ospedale Maria Vittoria del capoluogo piemontese.
Trovato alquanto denutrito, Raddi cadde poco dopo, alle prime ore mattutine del 14 dicembre, in coma, trascorrendo le ultime settimane di vita in sospeso tra la vita e la morte in Rianimazione. Adesso spetta al procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo coordinare le indagini per la denuncia di omicidio colposo.
Nonostante la seconda perizia abbia accertato che il drastico calo di peso poteva essere “contrastato diversamente anche con l’ausilio di approfondimento clinico specialistici e di laboratorio“, Pacileo ha chiesto l’archiviazione del caso in quanto gli elementi probanti a carico dei medici della struttura carceraria non sembrano abbastanza. Vedremo come evolverà la vicenda.